Perché le parole per Roberta Zantedeschi sono importanti
Da un po’ seguiamo Roberta su LinkedIn perché ci piace come comunica e usa le parole in qualità di Recruiter, Business Writer …
E così l’abbiamo chiesto se fosse disponibile per un’intervista a #hygge.
Roberta, … ci vuoi raccontare qualcosa di te? Chi sei e cosa fai?
Mi chiamo Roberta e lavoro come recruiter, formatrice e business writer. Nel concreto aiuto le aziende a cercare e selezionare collaboratrici e collaboratori puntando sempre al miglior incastro possibile e come formatrice progetto e gestisco corsi sullo sviluppo delle soft skill, quindi lavoro sulle competenze trasversali. Tra queste una è la scrittura, altro ambito sul quale ho sviluppato una competenza che oggi mi permette di collaborare con aziende o persone che vogliono migliorare questa importante competenza e strumento di lavoro.
Ho due figli di 3 e 6 anni, mi piace correre, la montagna in qualsiasi stagione, la cucina se il tempo lo permette, leggere e scrivere.
A quali valori del tuo lavoro/progetto non puoi rinunciare?
Al rispetto per le persone, un rispetto che parte dalla considerazione prima che dal dovere: noi recruiter veniamo additati come quelle persone che sfruttano gli altri per i propri fini e poi chi si è visto si è visto. E io per prima ammetto che non è facile tenere le fila di tutto quando hai 5 o 6 ricerche aperte e molte persone colloquiate. Personalmente cerco sempre di instaurare un rapporto con chi incontro per cui loro sanno di potermi scrivere e da parte mia l’impegno di rispondere sempre. È un rapporto di collaborazione che parte dalla considerazione che siamo uguali, siamo sullo stesso piano. Ecco, se tollero le gerarchie di ruolo in un’organizzazione complessa non ammetto gerarchie di altro tipo al di fuori di essa: io sono sullo stesso piano delle persone che incontro e per quel che posso, faccio in modo che anche azienda e candidati si confrontino in un dialogo che è bilaterale, mai unidirezionale.
Un altro valore è la trasparenza: a costo di essere poco simpatica io dico le cose per quello che sono. Racconto il più possibile i vincoli di una selezione, anticipo fin dal colloquio le possibili criticità di una candidatura, racconto l’azienda senza nascondere, quando ci sono, le possibili difficoltà.
Insomma potrei dire che faccio miei i principi della scrittura efficace: chiarezza, concretezza e semplicità anche nel lavoro come recruiter e formatrice. Ed effettivamente anche le parole sono un valore per me: saperle scegliere e saperle usare, avere consapevolezza del loro potere quando lavori ogni giorno a contatto con le persone. Le parole sono senza dubbio un valore che mi ispira.
Cito anche la libertà: sono una libera professionista. La mia è una situazione privilegiata perché collaboro stabilmente con una società di ricerca e selezione del personale, ma la scelta che ho fatto nel 2012 rappresenta ancora un faro per me: sentirmi autonoma, libera nel decidere gli orari, indipendente nella possibilità di sviluppare collaborazioni e di curare la mia crescita professionale secondo i miei interessi. Questo per me non ha prezzo nonostante non sia semplice far quadrare tutto.
In che modo la mentalità hygge migliora secondo te la resa/qualità etc del tuo lavoro/progetto?
La libertà che citavo poco fa rientra in questa filosofia: aver la possibilità di conciliare meglio vita personale e vita professionale. Non è sempre facile perché io posso rientrare nella categoria dei “drogati di lavoro”. Amo quello che faccio e talvolta mi stanca di più una giornata con i miei figli che 3 gg di lavoro.
In generale però sono una persona che ha bisogno di arricchire la propria vita di un contorno hygge: la casa in primis è il mio rifugio e in questi giorni in cui lavoro tra le mura domestiche mi rendo conto di quanto sia importante per me avere un mio posto, sicuro e caldo dove far ritorno.
Importantissime le persone: ho un network piuttosto ampio on line e off line: per predisposizione personale e per questioni professionali. Ma curo con attenzione le amicizie più strette: quelle che quando passi una serata insieme tutto il resto svanisce. In passato casa mia era un porto di mare e gli amici venivano a cena senza alcuna pianificazione. Con i bambini e l’intensificarsi del lavoro da libera professionista la cosa è cambiata e ammetto che mi manca molto.
Ma la stessa filosofia per me vale nel lavoro, in particolare nel rapporto con i colleghi: amo l’informalità e la confidenza che permette a tutti di vivere l’ufficio in modo rilassato e piacevole.
Credo che la piacevolezza debba essere cercata in ogni attività, e visto che non possiamo sempre rendere piacevole ciò che facciamo tanto vale concentrarsi sull’ambiente in cui lavoriamo e sui rapporti interpersonali.
Raccontaci un aneddoto in cui l’hygge ha trasformato un momento down in un momento up.
Per diversi anni ho lavorato in ufficio da sola: il mio primo team di lavoro era composto solo da liberi professionisti e tutti, esclusa me, preferivano fare homeoffice. Io invece amo lavorare in ufficio.
A luglio 2018 arriva la prima dipendente, Maria: per me non era un momento facile e credo che senza di lei non l’avrei superato così bene. Maria è una persona straordinaria che ha la capacità di prendersi cura degli altri. Insieme abbiamo trasformato un posto solitario in un ambiente caldo e rilassato ma anche estremamente produttivo. All’arrivo di Matteo, il secondo collega con un contratto fisso, abbiamo incrementato ulteriormente le nostre attività hygge introducendo i pranzi comunitari in ufficio, scegliamo un tema e poi lavoriamo insieme per preparare da mangiare per tutti, i momenti di convivialità serale ecc…
Non so se è hygge ma citerei anche la pratica Mindfulness e la consapevolezza del respiro tra le attività che hanno saputo trasformare un down in un momento up: è stata una scoperta meravigliosa. Cercavo di meditare da 15 anni con fasi alterne di successo e noia. Poi, grazie a un momento di difficoltà personale, mi sono avvicinata a queste pratiche anche per la loro veste più informale e mi sono agganciata subito.
Hai consigli pratici di Hygge?
La pratica della meditazione Mindfulness secondo me dovrebbe essere prescritta dal medico a tutti, su questo sono abbastanza sicura. E insieme i concetti di compassione (senza alcuna accezione religiosa) e di empatia.
Della Mindfulness trovo molto hygge l’invito che ti fa ad accettare le cose per ciò che sono e a provare gratitudine.
Più in generale io inviterei le persone a riscoprire il piacere di curare le relazioni, non solo le connessioni e i contatti, ma le relazioni, quelle che non basta un ciao buttato là ma richiedono cura e attenzione.
La scrittura, quella narrativa, quella autobiografica, quella creativa… scegliete voi, ma scrivere è una pratica molto hygge che consiglio a tutti per smuovere ciò che abbiamo dentro ma anche per rallentare e godere di noi stessi.
Un’altra cosa sciocca che a me piace è colorare e cucinare con i bambini: sono le due attività che preferisco fare con loro e che ha il potere magari non di rilassarmi, sono pur sempre due maschi abbastanza irruenti, ma di farmi rallentare.
Ma prima di tutto e presupposto necessario a tutto vi è la cura e l’alimentazione dell’amore per sé: che non è amor proprio, ha a che fare con il volersi bene e con il dedicarsi attenzioni vere, profonde e consapevoli.
È il primissimo passo per vivere meglio con gli altri e per rendere di più anche sul lavoro, in particolare chi lavora come freelance sa che questo aspetto è molto vero e altrettanto trascurato spesso.
Hai un Giveaway per i nostri lettori?
Cito Giusi Valentini che lavora come una coach con cui mi sono avvicinata alla Mindfulness, o Nicoletta Cinotti che per me è un esempio supremo di approccio Hygge e iscriversi alla sua newsletter è un grande regalo che ci si può fare, oppure consigliare di seguire Annamaria Anelli che lavora come una business writer che, a mio avviso, incarna nelle parole questo approccio.
Grazie Roberta per la tua disponibilità.